Velletri e i Castelli Romani
Velletri
Città antichissima Velletri, d’origine etrusca fin nel nome, patria dell’imperatore Ottaviano Augusto, centro economico-culturale fiorentissimo fin dal Medioevo, capoluogo di provincia dello Stato Pontificio nell’Italia preunitaria.
Velletri è il primo dei Castelli Romani per chi arriva da Sud, da Napoli, Terracina, Latina, in una parola dal mare. E con il mare Velletri ha un rapporto davvero speciale: sarà per quell’affaccio mozzafiato, quando l’aria limpida permette di distinguere la sagoma dormiente del mitico Monte Circeo o forse per la brezza che, puntuale, tutti giorni rifresca l’aria a mezzogiorno contribuendo a quel microclima che rende straordinaria la produzione agricola, specie di ulivi, carciofi e vigneti. Il mare è il completamento del nostro palcoscenico, la quarta parete tra quinte di colli, boschi e campagna.
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Grand Tour a Velletri
Un territorio è anche ciò che lo sguardo raggiunge e comprende. Se ne era accorto J.W. Goethe che, nel febbraio del 1787, giungendo a Velletri così scrive:
“Assai amena la posizione di Velletri che sorge su collina volcanica, la quale verso tramontana soltanto trovasi unita alla catena di cui fa parte. Dagli altri tre lati ha libera la vista sulla pianura. Visitammo colà il gabinetto del cavaliere Borgia, il quale, per la sua parentela con il cardinale, per le sue relazioni colla propaganda, ha avuto mezzo, di radunare antichità stupende, ed altre cose rare: idoli egiziani, formati di pietra di straordinaria durezza; piccole figure in metallo di tempi anteriori, e posteriori; ed inoltri oggetti lavorati in terra cotta, scoperti nelle vicinanze della città, i quali darebbero argomento di ascrivere ai Volsci, uno stile loro proprio e speciale”. (J:W:Goethe, Viaggio in Italia, 1787). Se Goethe arriva a Velletri non è però per contemplare il paesaggio, ma è per un museo allora molto famoso: IL MUSEO BORGIANO che il Cardindale Stefano Borgia (1731-1804) erudita, studioso, gesuita a capo delle missioni di Propaganda Fide, appassionato e conoscitore di arte ed archeologia, portò a Velletri dai quattro angoli del mondo. La sua collezione era una vera wunderkammer (letteralmente Camera meravigliosa) che stupiva, incuriosiva ed attirava studiosi da tutta Europa. Alla morte del cardinale nel 1804, il nipote Camillo, si dice per ingraziarsi l’allora re di Napoli Gioacchino Murat, a lui la cedette (oggi Museo Archeologico Nazionale).